Il Fiume Lucente scorre adesso in quella parte della bassa Brianza dove le colline ed i rilievi, caratteristici di questa zona, vanno gradualmente spegnendosi nell’ampia pianura che si apre verso Monza e Milano ed incontriamo SOVICO.
Che cosa fare a Sovico: viaggiare in Brianza
La posizione elevata del centro abitato sembra avere dato origine al toponimo, che dovrebbe derivare dal latino “summus vicus”.
Al centro, sulla stessa piazza, sorgono due chiese. Una è del 1930, l’altra, conosciuta come Chiesa “Vecchia”, risale al Cinquecento, costruita sull’antica chiesa di San Fedele.
La storia della chiesa di Sovico è più che millenaria. Il Cardinale Schuster disse che il “pagus” di Sovico fu uno di primi nel Milanese ad abbracciare la fede cristiana dopo l’editto di Costantino del 313.
In un documento del 1562 la chiesa di Sovico viene ricordata come consacrata ai santi Simone e Giuda:. Nella relazione della visita di due delegati arcivescovili nel 1569 abbiamo una descrizione della costruzione, che risulta misurare 22 passi in lunghezza e 12 in larghezza. Si trattava di una piccola cappella con abside, sulla cui facciata si aprivano due porte, fra le quali era interposto un piccolo campanile con due campane. Il 19 agosto 1578 ricevette la visita di S. Carlo Borromeo. L’edificio fu oggetto di numerosi interventi volti a rinnovarne e ad ampliarne la struttura. Il 10 luglio 1827 crollò il campanile rovinando in gran parte sulla chiesa, che venne rifatta e riaperta al culto tre anni dopo.
Recenti studi hanno evidenziato sotto la pavimentazione attuale le fondamenta della prima chiesa, risalente al XIII secolo.
Comune di Macherio: Storia e turismo
Scendendo ancora ecco MACHERIO. L’origine del nome è incerta. Qualcuno vi legge Maccarius o Macharius, a significare la presenza romana sul territorio; per altri deriverebbe da Maccaja, località umida e franosa. Nel 1600 il paese si chiamava Macche.
Il primo cenno storico sicuro è del 1289. Tra le chiese e gli altari della Pieve di Desio, elencati nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, si trova pure Macherio. La chiesa parrocchiale fu costruita alla fine del XV secolo, con forme e dimensioni assai diverse dalle attuali ad eccezione della cupola, rifatta nel 1952 dopo uno crollo. Nell’Ottocento, proprietarie di gran parte dei terreni e delle abitazioni, furono le più grandi famiglie milanesi: Visconti, Greppi, Belgioioso, Verri, Taverna, Maggi fino alla fine del secolo XIX, quando industrie (secondo un’inchiesta del 1885 si contavano in tre opifici di tessitura “operai maschi circa 100; operaie femmine circa ottanta; al di sotto di quattordici anni….una ventina”) e ferrovia (il 27/08/1888 duemila persone applaudono all’arrivo del primo treno) cambieranno radicalmente costumi e tenore di vita.
La situazione può essere riassunta con le parole della Deputazione comunale di Macherio in una lettera del 19/03/1847: “L’attuale scarsità ed alterazione de prezzi de generi, nonché i cessati lavorerj massime da tessitore, hanno reso viepiù maggiore l’indigenza, giacchè la massima parte già da qualche mese che trovansi privi non solo di mezzi necessari di vivere essi e la propria tenera figliuolanza, ma benanco privi di lavorj, per cuj languiscono in un compassionevole e deplorabile stato”.
Macherio e Villa Visconti di Modrone detta Belvedere
Di notevole interesse sono tuttora alcuni edifici: la splendida villa Belvedere, già proprietà dei Visconti, con il suo vasto e sfarzoso parco, alla cui realizzazione ha contribuito anche Emilio Alemagna (progettista di Parco Sempione a Milano), che all’inizio del Novecento ha trasformato la casa padronale rustica di un tempo in una dimora sontuosa. L’oratorio di San Cassiano, meglio conosciuto come chiesetta del cimitero, risalente al XVI secolo e la Chiesa delle Torrette o di Santa Margherita risalente al XII secolo e giunta intatto fino ai giorni nostri, in cui si possono ammirare pregevoli affreschi della scuola lombarda.
Realizzata in stile gotico-lombardo nel contesto di una cascina oggi non più esistente, ospita sull’altare una tela della Sacra Famiglia. La struttura è di proprietà privata.
Degna di nota è anche la Villa Maldura, appartenuta alla famiglia dalla quale prende il nome. Al suo interno vi è una bella cappella dedicata a Sant’Anna anche questa inserita in una proprietà privata.
Comune di Lesmo: storia e beni culturali
Alcuni inattesi tornanti ci riportano nella valle, lungo il fiume, dove un ardito ponte a travatura metallica segna un ideale confine con LESMO alta sul fiume
Nel 1886 la cittadina fu attraversata dalla prima linea ferroviaria, Seregno-Ponte San Pietro Pochi anni dopo fu inaugurata la linea ferroviaria Monza-Molteno, tracciata nella valle del Lambro vicino all’abitato di Peregallo e Lesmo fu servita dalla seconda stazione di Biassono – Lesmo Parco.
La nuova infrastruttura incrementò traffici e comunicazioni tra Milano, Monza e l’altipiano brianteo. Ne seguì anche una rinnovata stagione delle dimore di campagna, con interventi di abbellimento ed ampliamento o di nuova costruzione. Nelle “Notizie di Vimercate e della sua pieve” del 1853 lo scrittore Dozio ricorda che il territorio di “Lesmo, Peregallo e Gerno si raccomanda per mite sorriso del cielo, per amenità di sito e di allegre prospettive e per prospera vegetazione: tranquilli ed allegri casali “.
Le origini storiche di Lesmo
Le origini di Lesmo vengono fatte risalire all’epoca romana, quando nel I secolo a.C fu fondato, nella valle del Pegorino, un primo nucleo del villaggio. L’insolito nome, così diverso dagli altri toponimi dei paesi vicini, ha indotto molti storici a sostenere che la città sia stata fondata da coloni greci al seguito delle spedizioni di Giulio Cesare verso la Gallia, che vi si sarebbero stabiliti per offrire una base di rifornimento all’esercito romano.
Altri studiosi propendono per un’origine “latina” di Lesmo, riconducendo il toponimo alla parola “laetus”, cioè “lieto”. Secondo questa interpretazione, fin dall’epoca romana, Lesmo era considerata una città ricca e prospera, dove il vivere è appunto “lieto”, grazie alla fertilità dei suoi campi, concimati dal naturale “laetamen” delle bestie allevate nelle campagne.
Altre interpretazioni ancora, vedono il toponimo come la contrazione di “Laetissimus”, vale a dire la famiglia aristocratica romana che possedeva qui una residenza in campagna e controllava le vaste proprietà fondiarie dei dintorni. Altri credono che Lesmo derivi da una latinizzazione di Laedeximum, primo gradino della scala di Brig sul fiume Lamber, come veniva chiamata dai Celti. Infatti il paese si trova ai piedi della Brianza Lecchese, chiamata Briganzia dalle popolazioni galliche.
Lesmo, alta sul colle, offre nelle frazioni a valle, lungo il fiume, alcune ville di grande interesse purtroppo di proprietà privata e non accessibili.
Complesso di Ville nel comune di Lesmo
Villa Rapazzini , coronata da una grande corte rurale, è storicamente connessa alla famiglia Simonetta, che a Lesmo risiede dai primi anni del XVIII secolo. Si può far risalire a quell’epoca un casino di caccia dal quale prese forma la dimora padronale, poi assestata definitivamente nella prima metà dell’Ottocento
Dalla muratura di recinzione, emerge un edificio a pianta circolare di piccole dimensioni chiamato la Casina del Caffè , dove i proprietari intrattenevano gli ospiti.
Villa Mattioli, è un notevole complesso architettonico nella frazione di Peregallo, che, secondo alcune fonti, prende il nome dal romanico Peregàl ” macereto, mucchio di sassi” per la consistenza del terreno di ghiaia e sassi dove si trovava una cava.
Secondo altre fonti, la località “Per Gallos”, sita al margine meridionale del comune, dove il Lambro ne lambisce il confine, ricorda la presenza di una strada che arrivava alla Gallia. Altre lo fanno risalire all’insediamento della Famiglia Peregalli e non viceversa.
All’inizio del ‘700 a Peregallo vi era una dimora dal conte Giuseppe Saronno edificata all’interno di un vasto parco riccamente piantumato che comprendeva le costruzioni rurali ed una chiesetta, intitolata a Sant’Antonio Abate.
Nei primi decenni del secolo, a Villa Mattioli si insediò un convento dei Padri Minimi di San Francesco da Paola, che, grazie al lascito testamentario, ereditarono l’intera “possessione” di Peregallo. Nella chiesa annessa alla proprietà, i francescani celebrarono messa, sino alla fine del XVIII secolo. Della settecentesca dimora non è rimasta alcuna traccia considerevole, mentre dell’antico complesso è tuttora testimonianza l’oratorio di Sant’Antonio Abate, condizionato dagli eventi succedutisi nel tempo che hanno visto l’interno spogliato di ogni arredo sacro.
La frazione di Gerno nel comune di Lesmo
A Gerno, frazione posta ad ovest del centro abitato, nel punto dove il Lambro si allarga in un’ansa, troviamo un’elegante residenza privata derivata dalla trasformazione dello stabilimentodelle Filature Biffi, fondato nei primi anni del’800.
Risalendo la sponda sinistra ecco l’imponente complesso di Villa Somaglia
L’ edificio residenziale costituisce la parte principale con un vasto giardino posto in posizione elevata degradante verso il fiume. Sullo stesso luogo, tra il XII e il XIII secolo, sorse un convento le cui sorti restarono per secoli oscure, fino a quando l’intero complesso fu acquistato dai conti Rozzoni e mantenuto sino all’estinzione della casata avvenuta nel Cinquecento. L’originario nucleo fu trasformato in dimora di villeggiatura dai marchesi Molinari, che nella seconda metà del Settecento la cedettero di proprietà al conte Giacomo Mellerio, a cui successe Giovanni Battista Mellerio, entrambe artefici della trasformazione del luogo nelle forme del “Grande Gernetto”.
Rimangono testimonianze della splendida dimora e dei giardini, dove i Mellerio fecero costruire un impianto per condurre acqua da Montesiro, a cinque miglia da Lesmo, attraverso la valle di Brugora, assicurando una “perenne doccia ai giardini pensili del Gernetto.
Verso la metà del Novecento nella villa si insediò prima l’Istituto Magistrale Femminile delle Suore Marcelline e, successivamente, il centro direzionale della Banca Commerciale Italiana. A partire dal 1976 ha ospitato la sede del Centro di Formazione Professionale del Credito Italiano per essere ceduta nel 2004 al Gruppo Fininvest.
Storia e cultura del comune di Biassono
Il nostro fiume ci porta ora verso Monza ed ai confini del Parco troviamo BIASSONO
Le prime antiche testimonianze a Biassono sono riferibili al X secolo a.C.; si tratta di una necropoli attribuibile alla Cultura del Protogolasecca della tarda età del Bronzo sita in località Brughiera dei morti. Reperti celtici, databili al I secolo d.C. sono stati poi rinvenuti durante gli scavi a Cascina Marianna.
Altri scavi effettuati nel secolo scorso, testimoniano l’antichità del nucleo abitativo con il ritrovamento di una cisterna, proveniente da una villa di epoca romana ed una conduttura idraulica di pregevole costruzione in località Sant’Andrea ed a poche decine di metri dal Parco, è stata rinvenuta una necropoli tardo-celtica. È certo che in epoca romana, tutto il territorio di Biassono fosse già abitato.
Comune di Biassono: Il Museo Civico Carlo Verri
Molti di questi ritrovamenti sono custoditi presso il Museo Civico Carlo Verri,nella Cascina Cossa ed altrettanti si trovano presso il Castello Sforzesco di Milano.
Il museo è stato fondato nel 1977 dall’associazione Gruppo di Ricerche Archeostoriche del Lambro (GRAL), in seguito all’importante ritrovamento di 2239 monete romane presso la Cascina Sant’Andrea. Gli scavi hanno messo in luce anche i resti di una villa romana del II secolo d.C., di cui è tuttora visibile la cisterna
Il Museo custodisce anche esempi di archeologia industriale sopravvissuti sulle rive del Lambro. Tra questi le residue costruzioni del setificio Meyer di Briosco e il suo sistema di trasmissione dell’energia che portava il moto, derivato dal Lambro, alla fabbrica. Un sistema ingegnoso, che ha permesso all’industria di allontanarsi progressivamente dal fiume: una turbina idromeccanica azionava una puleggia che, mediante una fune metallica muoveva il complesso sistema delle trasmissioni nella fabbrica, lontana alcune centinaia di metri.
Il museo ha adesso una nuova sezione intitolata Segno Scrittura Stampa, allestita nello spazio adiacente la Biblioteca civica. Ed una sezione distaccata, presso cascina Cà Nova, dedicata alle tradizioni del mondo contadino e al lavoro dei campi.
Biassono e il complesso di Ville della famiglia Verri
La presenza di ville e di proprietà di nobili famiglie lombarde (Crivelli, Verri, ed altre) e di impianti rurali (Cascina S. Andrea) provano la vitalità e l’importanza del paese in epoca medioevale.
Dalla fine del XVII a tutto il XVIII secolo, la storia di Biassono segue le fortune e le vicende della Famiglia Verri. La Villa Verri, o Palazzo Verri, è oggi sede comunale e museale; nei giardini è visibile villa fu l’abitazione di campagna dei conti Verri che in Biassono avevano vasti possedimenti terrieri. Costruita all’inizio Settecento, aveva affreschi di pregevole valore (fratelli Galliari), tutti perduti. Oggi la villa è adibita a sede municipale ed è ancora visibile un’antica ghiacciaia.
Storia del Parco di Monza
Il Regio Parco, noto come Parco di Monza, fu costruito su terreni sottratti ai Comuni di Vedano, Biassono e Villasanta, già chiamata Villa San Fiorano ed annesso al territorio di Monza nel 1928 . Dopo la costruzione dell’Autodromo Nazionale d’Italia nel 1922 all’interno del Parco, nel Comune è stata costruita l’entrata di Santa Maria alle Selve. A Biassono è stata dedicata la Curva Grande (nota anche come Curvone), ora ufficialmente Curva Biassono.
Una costruzione caratteristica di Biassono che ne è quasi un simbolo è la Torre dell’Acquedotto
Santuario Madonna della Brughiera
Di un certo interesse è il Santuario della Brughiera,
edificato nel 1834 presso il vecchio cimitero, annovera tra le opere di maggior spicco una Madonna con bambino della cerchia del Francia (inizio XVI sec.), l’Annunciazione con Angelo di allievi di Panfilo Nuvolone (inizio XVII sec).
Nella strada di accesso al santuario si trovano due macine provenienti da antichi mulini attivi in passato sul Lambro. Non a caso questa strada un tempo era nota come “strada farina”, proprio perché conduceva dal centro agli impianti molitori idraulici sul fiume
Il Terzo Ordine degli Umiliati, costituito dopo il 1100, annoverò a Biassono un monastero maschile ed uno femminile.
Le credenze popolari indicano una di queste sedi in un cortile denominato appunto ” Corte del Monastero” o ” Corte degli Umiliati“.
La ” Corte del Lazzaretto“, ove si possono ammirare numerosi gelsi, pare abbia ospitato gli appestati delle epidemie del 1576 e del 1630. La ” Corte del Castello” mantiene la forma del recinto fortificato creato probabilmente nell’ Alto Medioevo. Il porticato d’ingresso ne indica ancora il nome.
VEDANO è uno dei comuni che fanno corona al parco di Monza
Oltre a questa casa molto originale, tra i monumenti civili di Vedano troviamo
Villa Litta Bolognini Modignani
Realizzata su progetto dell’architetto Luigi Chierichetti in uno stile neogotico che si rifà direttamente allo stile Tudor per conto di Giulio Litta Visconti Arese, fu la residenza della celebre duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta, amante di re Umberto I. Attualmente ancora di proprietà privata e non visitabile,
Villa Zendali
Storicamente legata al nome di re Umberto I, che l’acquistò nel XIX secolo facendola il proprio casino di caccia, si presenta come un edificio a blocco, a pianta rettangolare, sviluppato su due piani fuori terra. Circondato esternamente da alberi secolari, conserva al proprio interno una bella scalinata a tre rampe, interamente in legno, caratterizzata da una ringhiera in ferro battuto, realizzata in stile liberty. Le sale interne risultano ancora oggi decorate da stucchi e affreschi.
Prima di entrare nel Parco di Monza il nostro Fiume Lucente bagna VILLASANTA
Si può supporre che il nucleo originario del centro cittadino sia sorto in epoca romana, come luogo di sosta lungo la strada che da Milano e Monza portava a Olginate, in corrispondenza della diramazione che conduceva a Vimercate.
Il monumento di maggiore importanza presente a Villasanta è la chiesa parrocchiale di Sant’Anastasia Un documento attesta la presenza nell’anno 961 della chiesa e dell’annesso ospizio (in latino xenodochium) di Sant’Alessandro, nel luogo in cui sorge la frazione omonima. L’ospizio fu attivo da quella data per alcuni secoli, poi fu abbandonato probabilmente verso il 1300..
L’esistenza della chiesa dedicata a Sant’Anastasia è attestata da un documento dell’anno 768, ma la sua fondazione, secondo alcuni storici, si può collocare all’epoca di Teodorico (500 d.C.) o anteriore.
La vecchia chiesa era una delle più antiche di tutta la Brianza e venne demolita nel 1808, dopo la costruzione della chiesa nuova.
L’attuale chiesa parrocchiale, anch’essa intitolata a Sant’Anastasia, è stata costruita tra il 1768 e il 1796 e successivamente ampliata: e completata nel 1938, Nella navata sinistra si trova un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna della Rosa, trasferito qui dalla chiesa vecchia, mentre sopra la porta della sacrestia, a sinistra dell’altare, è collocato un dipinto secentesco di Panfilo Nuvolone raffigurante la Crocefissione. La navata destra custodisce le ossa, rivestite da una statua di cera, di San Marco soldato, e una statua settecentesca di legno dipinto raffigurante Cristo morto nel sepolcro. Sopra l’ingresso è un pregevole organo costruito alla fine del XIX secolo, restaurato e riportato in funzione.
Nel centro storico sorge la Villa Camperio, già Villa Casnedi, costruita nel XVII secolo, di proprietà del Comune che vi ospita mostre e manifestazioni, nonché la sede della Biblioteca Civica. Nel 1815 l’allora proprietario, il patriota Federico Confalonieri, vi fu confinato dal governo austriaco.
Nella Biblioteca è conservato il Fondo Filippo Camperio: una raccolta composta da circa 2.300 fototipi arricchiti da materiali documentari, lettere e diari di viaggio di proprietà della famiglia i cui membri dalla fine dell’Ottocento fino alla metà del Novecento acquistarono e realizzarono fotografie di ogni genere, dai viaggi esotici, alle esplorazioni nel mondo a scopo sia scientifico che militare.
Il Palazzo Comunale, provvisto di una torre con orologio, risale agli anni Trenta del XX secolo; nella piazza antistante sorge il Monumento ai caduti, raffigurante la madre di un soldato, ironicamente ribattezzata dai villasantesi “la póra dòna” (la povera donna).
Nella centrale piazza Ammiraglio Camperio c’è la singolare fontana in cui è convogliata l’acqua proveniente da quattro rogge: dei Frati, Gallarana, Ghiringhella e “Lambrett”; dal torrente Molgorana e dal fiume Lambro.
Una curiosità: il gruppo Scout AGESCI Villasanta I, è stato uno dei primi in Italia, fondato nel 1916.
Il Lambro lascia Villasanta per entrare trionfante nel Parco e nella Citta di Monza dove la nostra ricerca dei Punti di Interesse meno evidenti deve cedere il passo alla lunga storia di questa città ed alle evidenze dei Punti di Interesse conosciuti ed ampiamente documentati
Noi riprenderemo a percorrere il nostro Fiume Lucente più a valle, sempre alla scoperta di luoghi, storie, aneddoti e curiosità che esso porta con sé.
Maurizio Poggi dottore Agronomo, cultore di storia dell’agricoltura e delle trasformazioni indotte dal monachesimo nella pianura milanese, con particolare riferimento alla regimazione delle acque ed alle opere di bonifica attuate dall’Ordine Cistercense.
Vice Console Regionale del Touring Club Italiano, attento alla indicazioni dei soci fondatori del sodalizio che si riproponevano di……..far conoscere l’ Italia agli italiani………